
Relazioni del Convegno Parrocchiale "Pellegrini di Speranza. Verso dove? Verso Chi?"
La SPERANZA
La Speranza nella vita dei discepoli del Risorto
Don Domenico Campitelli
Premessa
Desidero iniziare la riflessione sulla speranza raccontandovi un'intuizione, molto semplice, che ho avuto trentaquattro anni fa, nel 1959, celebrando per la prima volta la Messa al Santo Sepolcro, a Gerusalemme. Si tratta di una piccola cella e per entrarvi bisogna curvarsi a fatica. In quel luogo misterioso e affascinante si venera la pietra su cui è stato deposto il corpo di Gesù morto. Era il 13 luglio, anniversario della mia ordinazione sacerdotale, tra le quattro e le cinque del mattino. Ricordo ancora con grande impressione il pensiero che mi illuminava: tutte le religioni - dicevo a me stesso - hanno considerato il problema della morte, il senso di questo evento, e si sono chieste se esista qualcosa al di là di esso. E io sto celebrando nel posto in cui Cristo morto ha riposato e da dove è risorto vivo. Qui è la risposta unica, cristiana, alla domanda universale: che cosa si può sperare dopo la morte?
Il tema della speranza riguarda anzitutto il momento drammatico, di non ritorno, che è la morte: ecco a che cosa si riferisce la virtù, la forza della speranza. Al problema della morte nessuno può sfuggire; anche se poi l'arco delle attese di futuro diventa amplissimo, coglie tutta l'esistenza umana, il destino e le speranze dei popoli, del mondo inteso come unità. I molteplici interrogativi su ciò che sarà di me, di noi, dell'umanità, hanno a che fare con la speranza, perché sperare è vivere, è dare senso al presente, è camminare, è avere ragioni per andare avanti.
Abbiamo speranza?
Il punto focale della nostra riflessione si riassume in una sola domanda: noi che siamo radunati insieme, abbiamo speranza? ho in me la speranza cristiana? oppure è soltanto una parola? la speranza cristiana abita davvero dentro di me?
Occorre rispondere seriamente, non avendo paura di riconoscere che, forse, la nostra speranza si riduce a un lumicino (e sarebbe già molto).
Un esegeta contemporaneo, Heinrich Schlier, descrive, partendo da san Paolo, gli effetti della mancanza di speranza nel mondo, in questi termini: "Dove la vita umana non è protesa verso Dio, dove non è impegnata al suo appello e invito, ci si sforza di superare la spossatezza, la vacuità e la tristezza che nascono da tale mancanza di speranza” . E aggiunge che i sintomi della non speranza sono "la verbosità dei vuoti discorsi, l'esigenza costante della discussione, l'insaziabile curiosità, la sbrigliata dispersione nella molteplicità e nell'arruffio, l'intima ed esteriore irrequietezza" - noi diremmo: le varie forme di nevrosi - "la mancanza di calma, l'instabilità nella decisione, il rincorrersi di continuo verso sempre nuove sensazioni" .
Cercherò dunque di aiutarvi a rispondere alla domanda su che cosa sia la speranza, per verificare se e in quale misura ci abiti.
Che cos'è la speranza cristiana?
La speranza è come un vulcano dentro di noi, come una sorgente segreta che zampilla nel cuore, come una primavera che scoppia nell'intimo dell'anima; essa ci coinvolge come un vortice divino nel quale veniamo inseriti, per grazia di Dio, ed è appunto difficilmente descrivibile.
Tuttavia desidero darvi un tentativo di definizione attraverso sei brevi tesi.
1. La prima tesi paragona la speranza cristiana con le speranze del mondo. Perché la speranza è un fenomeno universale, che si trova ovunque c'è umanità, un fenomeno costituito da tre elementi: la tensione piena di attesa verso il futuro; la fiducia che tale futuro si realizzerà; la pazienza e la perseveranza nell'attenderlo.
La vita umana è inconcepibile senza una tensione verso il futuro, senza progetti, programmi, attese, senza pazienza e perseveranza. Ma è pure intessuta di delusioni e quindi è permeata dalla speranza e anche dalla disperazione.
Ora - è la prima tesi - la speranza cristiana è qualcosa di tutto ciò, ed è diversa da tutto ciò: è diversa da ogni forma che il mondo chiama speranza, perché ha a che fare sì e no con le speranze di questo mondo.
2. La speranza cristiana viene da Dio, dall'alto, è una virtù teologale la cui origine non è terrena. Infatti essa non si sviluppa dalla nostra vita, dai nostri calcoli, dalle nostre previsioni, dalle nostre statistiche o inchieste, ma ci è donata dal Signore. Spesso dimentichiamo questa verità e consideriamo la speranza cristiana come "qualcosa in più", che si aggiunge alle altre cose.
Dunque, sperare è vivere totalmente abbandonati nelle braccia di Dio che genera in noi la virtù, la nutre, l'accresce, la conforta.
Mentre la prima tesi paragonava la speranza cristiana con le speranze di questo mondo, asserendo che in qualche modo è uguale alle altre ma anche diversa, la seconda tesi ci dà la ragione della diversità: la speranza è da Dio soltanto, è fondata sulla sua fedeltà.
3. Dobbiamo allora comprendere qual è il contenuto, l'oggetto della speranza cristiana. Sappiamo che, essendo virtù divina, ci rende partecipi della vita di Dio, è un mistero ineffabile, inimmaginabile, inesplicabile, indicibile appunto. Scrive san Paolo, nella Lettera ai Romani: "Ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?" (Rm 8, 24). In un'altra Lettera afferma che "mai cuore umano ha potuto gustare ciò che Dio ha preparato a coloro che lo amano" (1Cor 2,9): mai cuore ha potuto gustare, dunque neppure il nostro cuore, che è il centro di noi stessi. La speranza è uno strumento conoscitivo di straordinaria lungimiranza, acutezza, lucidità. Neppure il nostro cuore può comprendere, con tutti i suoi sogni, aspirazioni e desideri, quel bene senza limiti che Dio ci prepara, che è l'oggetto della nostra speranza: qualcosa che è al di là di ogni attesa e di ogni desiderio, anche se li colma e li riempie in modo indescrivibile. Il contenuto della speranza cristiana è quello di cui Dio ci riempie e ci riempirà, se ci fidiamo totalmente di lui.
4. La speranza cristiana ha però un termine, un punto di riferimento come suo oggetto: guarda a Gesù Cristo e al suo ritorno. A questo si appunta, perché ciò che Dio ci prepara, nel suo amore infinito, non è un'incognita: è Gesù, il Signore della gloria.
Noi speriamo che Gesù si incontrerà pienamente, svelatamente, in tutta la sua divina potenza di Crocifisso-Risorto, con ciascuno di noi, con la Chiesa, e ci farà entrare nella sua gloria di Figlio accanto al Padre: sarà il regno di Dio, la celeste Gerusalemme, la vita in Dio.
La nostra speranza è che vivremo sempre con lui, saremo con lui, nostro amore, e lui sarà con noi; saremo, come figli nel Figlio, nella gloria del Padre, nella pienezza del dono dello Spirito.
Questo è il termine della speranza cristiana.
5. Dobbiamo fare, tuttavia, un chiarimento importante. Il ritorno di Gesù, che noi speriamo, è anche un giudizio. È necessario sottolinearlo in questi giorni in cui si parla tanto di giustizia, di crisi. La manifestazione di Cristo Gesù sarà pure un giudizio, una "crisi" nel senso originario della parola greca, che significa appunto "giudizio". Quando Cristo apparirà, nell'ora voluta dal Padre, si verificherà per ogni uomo la decisione definitiva sulla sua vita, sarà per ciascuno di noi e per l'umanità intera il momento critico, la crisi per eccellenza, il giudizio finale.
Nella nostra vita terrena e nella vita delle nostre società ci sono spesso crisi, grandi o piccole, personali o familiari, economiche, sociali, politiche, congiunturali, strutturali. Ma tutte queste crisi, anche quando ci sembrano quasi totali, raggiungono sempre soltanto una parte dell'esistenza umana e ne lasciano intatti altri aspetti. Non si dà sotto il sole una crisi davvero totale; e dunque nessuna crisi dovrebbe turbarci, spaventarci, se non in relazione alla crisi provocata dalla manifestazione definitiva del Signore, l'unica totale, l'unica in cui il giudizio sarà irrevocabile e irresistibile.
Per questo san Paolo avverte di "non giudicare nulla prima del tempo finché venga il Signore, il quale metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre e renderà manifesti i pensieri dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio" (lCor 4, 5). In quel momento del giudizio e della crisi finale, tutto ciò che è stato sepolto nelle profondità delle coscienze e tutto ciò che è stato rimosso di fronte agli altri o addirittura a noi stessi, sarà rivelato e consegnato al tribunale inappellabile della decisione divina. In pubblico sarà emanato il giudizio pieno e definitivo di ciascuno e di tutti: giudizio imparziale, vero, sicuro.
6. Se attendiamo il giudizio di Dio, come mai possiamo guardare a esso con speranza?
La risposta è semplice: perché ci aggrappiamo ancora una volta a Gesù nostra speranza, che ci giudicherà come Salvatore di quanti hanno sperato in lui; come colui che ha dato la vita morendo per salvarci dai nostri peccati; come colui che ha uno sguardo misericordioso per coloro che hanno creduto e sperato, che sono stati battezzati nella sua morte e risorti con lui nel Battesimo, che gli sono stati uniti al banchetto dell'Eucaristia, che si sono nutriti della sua Parola e riconciliati con lui nel Sacramento del perdono, che si sono addormentati in lui sostenuti dal sacramento dell'Unzione dei malati.
La speranza è, quindi, fin da ora la fiducia incrollabile che Dio non ci farà mancare in nessun momento gli aiuti necessari per andare incontro al giudizio finale con l'animo abbandonato in Colui che salva dal peccato e fa risorgere i morti.
Gesù, nostra speranza, nostra salvezza, nostra redenzione, nostra certezza, ci sostiene nei cammini difficili della vita e ci permette di superare, giorno dopo giorno, le piccole e grandi crisi della quotidianità e della società. E noi camminiamo guardando a un termine di gioia perfetta, di giustizia piena, di riconciliazione totale in lui che, nell'Eucaristia, continuamente si offre per noi sull'altare unendoci alla sua misericordia e ci immerge nell'amore del Padre.
Domande per la riflessione personale
Dopo aver cercato di descrivere la speranza cristiana, il suo orizzonte, il suo termine e che cosa comporta di gioia e di vigilanza fin da ora, vi propongo quattro domande per la riflessione personale.
1. Noi cristiani, io stesso, il nostro tempo, la nostra società, abbiamo davvero speranza? siamo adeguati all'ampiezza della speranza cristiana? Se constatiamo di avere una speranza fioca, tenue, di orizzonte ristretto, già questo può diventare motivo di preghiera: Donaci, o Padre, la speranza, donaci il pane quotidiano della speranza; rimetti a noi i nostri peccati di poca speranza!
È importante esprimere al Signore il desiderio che lui infonda la speranza vera.
2. Quali sono, in me e intorno a me, nella società, i segni di mancanza di speranza? Ne abbiamo indicati alcuni citando l'esegeta Heinrich Schlier: ogni cedimento al malumore, al nervosismo, all'inquietudine, all'amarezza; ogni mancanza di calma, la verbosità di discorsi vuoti, la voglia di discutere sempre, la. curiosità, la dispersione nella molteplicità delle cose, l'instabilità di decisioni nella vita. Sono tutti segni di non speranza.
E, nella società, sono segni di mancanza di speranza la non chiarezza, la non obiettività, la non linearità, l'incoerenza, la disonestà. Talora, guardandoci intorno con occhio indagatore, ci sembra di scorgere dietro a tante forme di vita dei segnali dolorosi di disperazione nascosta, che attende di essere curata, lenita, medicata, guarita.
Quali sono, dunque, in me e intorno a me, i segni di mancanza di speranza?
3. Quali, al contrario, i segni positivi che vedo in me di speranza teologale? Non semplicemente segnali di buon umore, di buona salute (pur se sono doni di Dio), ma segni di vera speranza. Per esempio, quando nelle difficoltà non mi perdo d'animo; quando nelle crisi personali, familiari e sociali so contemplare la provvidenza di Dio che ci viene incontro, ci purifica, ci ricopre con la sua misericordia; quando so guardare all'eternità, al giudizio di Dio con serenità. Ci sono in noi questi piccoli o grandi segni di speranza teologale? e quali i segni positivi che scorgo nella comunità, nella parrocchia, nella società?
4. Dove ho più bisogno di speranza? Dobbiamo porci questa domanda cercando di pregare sui punti deboli della nostra speranza, perché la speranza è vita e senza di essa non siamo cristiani, anzi non possiamo neppure essere persone umane capaci di sostenere il peso dell'esistenza. La speranza ci è necessaria come l'aria, come l'acqua, come il pane, come il respiro.
Signore, dona speranza a noi e alla nostra società che ne ha tanto bisogno!
Conclusione
Desidero concludere con una preghiera, bellissima, di un carissimo prete, don Luigi Serenthà, morto a 48 anni, nel settembre 1986:
"Signore Gesù, tu sei i miei giorni.
Non ho altri che te nella mia vita.
Quando troverò un qualcosa che mi aiuta,
te ne sarò intensamente grato.
Però, Signore,
quand'anche io fossi solo,
quand'anche non ci fosse nulla che mi dà una mano,
non ci fosse neanche un fratello di fede che mi sostiene,
tu, Signore, mi basti,
con te ricomincio da capo.
Tu sei il mio desiderio!".
Considerazioni e suggerimenti della Comunità sulla vita pastorale della Parrocchia
1 | LA PAROLA
- La Parola, oltre che in Chiesa, viene letta personalmente. Molti utilizzano anche altri mezzi (televisione, computer, applicazioni su cellulari) e alcuni approfondiscono la parola del giorno in preparazione alla celebrazione eucaristica. E’ opinione diffusa che la Parola sia poco conosciuta sia tra i ragazzi sia tra gli adulti, e soprattutto sia poco messa in pratica e vissuta, forse a causa di una sempre minore cura della formazione cristiana nelle famiglie e, in generale, nella società sempre più laica e disinteressata alla religione. E’ stato suggerito di organizzare incontri di lectio divina e/o avviare gruppi volontari di lettura comunitaria del Vangelo nella Parrocchia, nelle famiglie, nelle Associazioni e questo a beneficio anche di chi frequenta con costanza e assiduità: per evitare che l’ascolto durante la Messa diventi un automatismo, potrebbe essere di aiuto ascoltare la Parola in maniera diversa ed educarsi alla ricerca di una risonanza interiore profonda.
- Durante la Messa in genere non si hanno difficoltà nell’ascolto e nella comprensione della Parola. Si raccomanda al sacerdote di tenere il microfono vicino perché a volte qualche parola non scandita bene, non si capisce.
- Le omelie sono molto importanti per aiutare i fedeli a comprendere la Parola. Esse sono il luogo privilegiato della comunicazione verbale del messaggio evangelico affinché esso ispiri i comportamenti e si traduca in vissuto. Per queste ragioni è importante che il sacerdote rimanga centrato sulla Parola ed approfondisca le Letture e il Vangelo del giorno intorno al messaggio principale. Nel momento dell’omelia il sacerdote diventa testimone della fede professata e vissuta, quindi, può renderla parlante ai cuori, attraente. In questo senso, è auspicabile anche un approccio coinvolgente, colloquiale con l’assemblea per catturare l’attenzione e tenerla alta dall’inizio alla fine. A maggior ragione, se si pensa che, in occasione di festività o di celebrazioni importanti e speciali, partecipano alla celebrazione anche persone che raramente frequentano o frequentano poco, per cui probabilmente l’omelia è il solo momento a disposizione per far conoscere il Vangelo. Inoltre, potrebbe essere utile diffondere il/i messaggio/i-chiave della liturgia del giorno sia via Whatsapp ai vari gruppi sia tramite la pagina Facebook della parrocchia.
- Tutti concordi sull’esigenza di formazione e approfondimento continuo della Parola e grati per i percorsi catechetici che annualmente la nostra parrocchia propone: gli incontri di catechesi sono veramente importanti per la crescita spirituale personale e comunitaria.
2 LA CELEBRAZIONE
- I partecipanti all’incontro sono persone impegnate nella vita della Parrocchia. Per tutti, le celebrazioni liturgiche sono molto importanti per tenere viva e far crescere la fede e sono momenti imprescindibili per incontrare il Signore vivo e vero, presente nell’Eucarestia.
- L’Eucaristia è essenziale per la vita del cristiano e per il cammino della Comunità. È talmente centrale che non può, e non deve, esserci spazio per l’abitudine anche se quest’ultima è un rischio da non sottovalutare. Quindi, l’impegno individuale, di ciascuno, è coltivare consapevolezza e centratura del cuore.
- Non è facile rapportarsi con il Sacramento della Riconciliazione, a volte prevale l’imbarazzo, soprattutto se chi amministra questo sacramento è il proprio parroco o comunque un sacerdote con il quale si collabora a stretto contatto. In generale, il tema della Confessione andrebbe approfondito meglio anche per orientare i fedeli a beneficiarne in modo adeguato e non ripetitivo e schematico: si propone, come accade nei confessionali di tanti santuari, un approccio basato sulla Parola, iniziando la confessione con una pericope del Vangelo da cui partire per illuminare il desiderio di riconciliarsi con il Signore, quindi, affidarsi al confessore e dialogare con lui senza remore e senza paura di essere giudicati. Dobbiamo crescere. Si suggerisce, inoltre, soprattutto per dare modo di far accedere al sacramento chi lavora, di inserire nel programma parrocchiale qualche ora del sabato pomeriggio riservata alle Confessioni.
- Il Sacramento dell’Unzione dei malati andrebbe riscoperto e anche elargito con maggiore generosità. E’ percezione comune che sia fonte di grazia per il malato ma anche per chi lo assiste, un aiuto, un sostegno che rende più forti nella prova grazie alla vicinanza di Cristo che esso assicura e anche come occasione per il malato di essere ascoltato, di parlare. Gli anziani e gli ammalati della nostra Comunità hanno sicuramente bisogno di essere visitati e sostenuti. Dal confronto è emerso che spesso quando si hanno problemi di salute oppure si attraversano momenti bui e di sconforto, il dolore respinge la fede e la Comunità rimane a distanza: chi soffre rimane solo… Si potrebbe fare di più. Ognuno di noi, nel suo piccolo, potrebbe fare di più. Perciò, come Comunità, dobbiamo lavorare su questo aspetto che è urgente soprattutto se si pensa alla condizione dei malati terminali. Dobbiamo imparare a donare con generosità il nostro tempo.
- Nel lutto la fede è di conforto. Anche la Comunità e il sacerdote sono molto importanti. Per chi attraversa un lutto, la vicinanza e una parola di speranza, una carezza di gioia portata con rispetto del dolore e sempre con discrezione, sono molto importanti. Il confronto ha fatto emergere la complessità di questo tema e, nello stesso tempo, la delicatezza del rapporto tra la Comunità e la persona che attraversa il dolore della perdita di un affetto. Come Comunità e come singole persone, dobbiamo impegnarci di più ad essere vicini a chi è nel dolore, a portare il conforto con parole e gesti di tenerezza senza temere di essere respinti o indugiare nel dubbio di infastidire: la compassione (soffrire insieme) è la sola mano tesa che chi sta soffrendo probabilmente avverte e può desiderare di accogliere sentendosi autenticamente compreso nel suo dolore.
- Tutti i presenti conoscono i momenti di preghiera organizzati dalla parrocchia e il canto viene visto come un servizio per rendere più bella e partecipata la liturgia. In tal senso, il canto va preparato in rapporto alla liturgia ed anche eseguito bene. Potrebbero essere un mezzo per coinvolgere i ragazzi a partire dall’accompagnamento musicale (ad Atessa le scuole di musica sono sempre state fiorenti, quindi, pensare a un coinvolgimento partendo da questa caratteristica della comunità atessana, potrebbe essere una strada sia per l’animazione delle celebrazioni liturgiche sia soprattutto per la continuità generazionale che dovrebbe essere assicurata nel servizio). Il fatto che il canto sia di aiuto alla preghiera comunitaria e personale deve far superare tutte le eventuali difficoltà che a volte nei cori, come gruppi di persone, si possono presentare dal punto di vista organizzativo e di relazione: l’impegno/desiderio deve essere quello di mettersi in discussione e porsi in prima persona nel modo giusto senza pregiudizi né giudizi di sorta.
- | LA COMUNITA’
- Le persone hanno testimoniato di sentirsi accolte, ascoltate e libere di esprimersi con franchezza. In generale, però, la Comunità è ritenuta un po’ “seduta”, tendente a fare il minimo indispensabile e non sempre capace di risposta piena alle iniziative della parrocchia. Qualcuno sottolinea che si fa fatica ad accettare proposte nuove e spesso i gruppi consolidati fanno fatica ad aprirsi ed accogliere persone nuove. Vero è che è più facile attuare novità all’interno di un gruppo coeso, in cui una nuova proposta è maturata e condivisa da tempo anche con il supporto del parroco. Il parroco è un punto di riferimento importantissimo per la Comunità. Qualcuno auspica una maggiore apertura alla sperimentazione di novità e più spazio alle proposte dei laici, ma resta il fatto che se i laici vogliono davvero vivere la Comunità, devono crescere nell’impegno e nella partecipazione attiva.
- Il problema dei giovani che frequentano poco è reale ed è molto sentito. I bambini delle elementari, è più facile coinvolgerli ed interessarli perché per natura si lasciano accompagnare. I più grandi, invece, sono più condizionati dalle mode, dal giudizio degli altri e, in generale, si lasciano distrarre molto più facilmente, attratti dalle cose del “mondo”. I giovani non frequentano perché sono lontani dall’ambiente della parrocchia, si annoiano in chiesa. Vero è che la fede si trasmette con la testimonianza, a partire dalla famiglia, il centro di formazione per eccellenza in materia di fede. Per questo motivo, forse bisognerebbe ripartire proprio dal coinvolgimento delle famiglie. I responsabili Scout hanno sottolineato che i ragazzi, essendo ottimi osservatori, hanno bisogno di esempi concreti e, non a caso, gli incontri con giovani sacerdoti che raccontano le loro esperienze di fede vissuta o con i giovani della missione popolare sono stati attraenti per loro ed efficaci. Ma l’evento occasionale non basta. L’azione deve essere continuativa e per fare questo occorrono le “forze”, occorrerebbero adulti disponibili ad impegnarsi con serietà e continuità ma la realtà ci pone dinanzi ad un contesto in cui osserviamo quarantenni e cinquantenni che, pur frequentando, non si lasciano coinvolgere.
Sono emerse alcune proposte:
- uno spunto molto interessante è scaturito dal recente incontro di catechesi sull’Eucarestia con don Luigi Genovesi che ha reimpostato gli incontri con i ragazzi delle sue parrocchie coinvolgendosi in prima persona, non con i libri di testo, ma con la lettura e l’approfondimento di testi biblici per farne un’esperienza viva, capace realmente di illuminare e trasformare la vita;
- per esperienza, alcuni pensano che l’oratorio potrebbe essere importante per aggregare i ragazzi;
- è indubbio che da parte di molti giovani la Chiesa è vista come vecchia, anacronistica, non più capace di interessarli. Bisogna trovare nuovi “linguaggi” più vicini al loro mondo e soprattutto avere nei loro confronti più fiducia, dialogare con loro, chiedere quali sono i loro desideri (cosa possiamo fare per te? cosa ti piacerebbe trovare in parrocchia?), attivarli in prima persona nel preparare delle attività;
- chiedere ai ragazzi che già frequentano di coinvolgere gli altri;
- qualcuno suggerisce di andare ad incontrare i giovani nelle associazioni che frequentano e, in generale, integrarsi con i gruppi e le associazioni del territorio;
- alcuni propongono di organizzare gite e feste (per es. istituire una giornata dedicata alla “Festa dei ragazzi” e una “Festa dell’accoglienza” dedicata agli immigrati). Tutto ciò in ottica di essere per i giovani, da parte della parrocchia, un punto di riferimento bello, una possibilità di rimanere in contatto con Cristo attraverso la gioia delle relazioni di amicizia e l’esperienza di fratellanza;
- gli educatori Scout sottolineano come le occasioni per incontrare i giovani ci siano grazie ai gruppi e associazioni parrocchiali che in Atessa, comunque, sono radicati, quindi, da un lato, non serve moltiplicare le iniziative, piuttosto lavorare per potenziare i gruppi esistenti; dall’altro, provare ad integrare i gruppi fra di loro, armonizzando i programmi e favorendo scambi di esperienze.
- Tutti sono concordi nel ritenere che nella nostra parrocchia ci siano buone iniziative per i poveri mediante la Caritas, la San Vincenzo e anche altre associazioni. Un accento, però, è stato messo sulla “povertà spirituale” che emerge manifesta soprattutto con riferimento al rapporto con gli immigrati in Atessa: la Comunità, e noi stessi in primis, bisogna che ci si impegni a superare la diffidenza per il diverso, e ci si interroghi, e si agisca, per fare concretamente qualcosa per loro e con loro.
- I partecipanti sono già impegnati in uno o più gruppi di servizio alla Parrocchia.
- Nell’ordinarietà, è difficile che si parli in modo diretto ed esplicito di Gesù e della Chiesa, a meno di commentare notizie di cronaca. E quando capita, è comunque difficile parlarne: a volte si ha l’impressione di perdere tempo o di non essere compresi. Quando si ricoprono dei ruoli, invece, e in determinati contesti, è più facile introdurre argomenti spirituali e anche confrontarsi.
- Sulla Chiesa si sentono molte considerazioni negative. La gente è sempre lì a giudicare la gerarchia ecclesiastica e la Chiesa in generale, percepita come un’istituzione ormai superata e obsoleta. E infatti è sempre più fuori tema la ricerca di una spiritualità profonda che coinvolga la conoscenza della Parola e il senso della vita. Gli scandali, poi, quando coinvolgono la Chiesa, sono sempre amplificati. Pensando alla pedofilia, per i sacerdoti, e anche per gli educatori, l’ombra incombente dei pregiudizi può rendere davvero molto difficile portare avanti il loro compito. Insomma, il futuro della Chiesa preoccupa molto un po’ tutti.
- I sacerdoti, nell’immaginario collettivo, sono un punto di riferimento delle Comunità. E, grazie a Dio, nella nostra parrocchia lo sono ancora: i nostri sacerdoti sono molto apprezzati. A loro si riconosce l’amore per la Chiesa e la capacità di trasmetterlo agli altri con la vicinanza, la disponibilità e anche con la cura dei luoghi di culto e parrocchiali. Tuttavia, le preoccupazioni per la nostra parrocchia sono tante: la mancanza di vocazioni, l’ateismo diffuso, le convivenze che prendono piede e vanno man mano a sostituirsi alle famiglie e, in misura maggiore, alle famiglie cristiane, il degrado della società, lo spopolamento del paese, il vuoto lasciato dalle suore e dagli Identes. E’ necessario prendere coscienza di questa realtà e preparare i laici cristiani ad assumere dei ruoli maturando i carismi e mettendoli in campo a beneficio della comunità. Ecco, quindi, il parroco è una figura cruciale: non lui al centro, ma centrale nel far emergere le capacità e competenze individuali, nel valorizzarle attraverso l’esercizio del servizio in parrocchia e attraverso i ministeri; aiutare la comunità ad essere consapevole delle responsabilità a cui è, e nel futuro sarà ancor più, chiamata. Si tratta di una sfida grande all’interno di una transizione da un ruolo più definito e, in un certo senso, circoscritto e delineato, ad un vero e proprio esodo, un camminare in mezzo alla gente e tra la gente per una nuova evangelizzazione.
- Si è veramente Comunità se si ha un “comune sentire spirituale” e si cammina insieme nella fede. A tal fine, auspichiamo una Comunità più aperta alla Parola, più partecipativa, più presente ai bisogni degli altri, anche dei “lontani”, gioiosa, non ipocrita, meno superficiale, capace di confrontarsi e dialogare con parresìa, in cui i vari gruppi di servizio realizzino una piena ed efficace condivisione ed integrazione per la crescita della Comunità e per il bene comune.
I sogni espressi sono, di una comunità riunita tutta, numerosa, intorno alla mensa eucaristica, bambini, giovani, famiglie, anziani… un cuor solo e un’anima sola, zero pregiudizi, relazioni autentiche, ognuno è seme germogliato dall’incontro con Cristo e brilla della Sua luce e in quella luce di speranza vive e ne dà testimonianza. Una comunità dove tutti sono coinvolti, ognuno mette a disposizione qualcosa e presta un servizio, il sacerdote è l’anima.
Atessa, 5 maggio 2024
RIFLESSIONI del PARROCO
“La Sinodalità: La bellezza di camminare insieme sulla strada
del Risorto”
Si ringraziano i presenti per i suggerimenti e le osservazioni concernenti le attività pastorali.
- L’ANNUNCIO DELLA PAROLA
Nella celebrazione Eucaristica difficoltà dovute alle :
- Differenza di età e di circostanze
- Insufficiente capacità di ascolto
- Lacunosa preparazione
- Mancanza di un raffronto
Si suggerisce:
- L’importanza della formazione e della disposizione all’ascolto.
- Occasioni di incontri formativi sulla Parola.
- LA LITURGIA FONTE E CULMINE
- Conseguenze negative del Covid
- Molteplici celebrazioni talvolta di circostanza
- Non mancano esempi di fede da parte dei partecipanti
Si Suggerisce
- Una maggiore cura delle celbrazioni
- L’importanza del Il Canto
- Migliorare l’animazione liturgica
IL SACRAMENTO LA RICONCILIAZIONE
Diverse possibilità (Primo Ven – Tempi forti)
Accompagnamento - Cammino spirituale
- Stabilire gli orari
I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA
Distacco delle famiglie
I sacramenti percepiti più come un rituale che come Incontri Salvifici
Cammino interrotto
Si suggerisce :
- Rinnovo del cammino catechetico dell’Iniziazione
- Coinvolgimento delle famiglie e della comunità
Un cantiere aperto: Esperienza di fede, di comunità, di crescita umana e di fede
IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO
Tendenza a non sposarsi e diffusione delle convivenze
- Recuperare il valore della famiglia e il significato sacramentale del matrimonio
IL SACRAMENTO DELL’UNZIONE DEI MALATI
- Talvolta non viene compreso il suo significato di vicinanza e accompagnamento spirituale del malato.
- Non mancano esempi di dedizione ai malati presenti nelle famiglie.
Si suggerisce
- Più vicinanza alle famiglie provate dalla sofferenza da parte di tutta la comunità .
- Favorire la presenza dei ministri straordinari dell’Eucaristia.
LA COMUNITA’ PARROCCHIALE
- Passi in avanti
- Pluralità di realtà associative che possono essere sia una ricchezza sia , talvolta ,causa di divisione.
- Calo di frequenza
Si Suggerisce
- L’importanza di un cammino di fede personale e comunitario
- Attenzione agli ultimi
- Valorizzare i carismi dei singoli fedeli
- Favorire occasioni di aggregazione
PROBLEMI APERTI
-La fede delle nuove generazioni
-Il mantenimento delle chiese
-L’organizzazione delle Feste religiose
-IL rapporto con le altre realtà della città
-Il rapporto con La Diocesi
IL CAMMINO DA PERCORRERE
- Salto di qualità
- Rendere la comunità cristiana credibile
- Riprendere l’iniziativa degli incontri sinodali
Prendere come stimolo di crescita :
L’ITINERARIO DELLA CHIESA UNIVERSALE
Il Sinodo sulla Sinodalità :” Per una chiesa in comunione, partecipe e in missione”
L’Anno Santo 2025 “Pellegrini di Speranza”