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San Domenico San Domenico
Chiese Urbane

San Domenico

Il complesso chiesa-convento dei Domenicani è denso di spessore architettonico e storico-religioso. La tradizione locale, riportata dallo storico Tommaso Bartoletti e da altri autori di storia patria , fa risalire al 1270-1275 l’erezione di una chiesa in onore di Maria Santissima Annunziata, voluta espressamente da re Carlo I, molto devoto della Vergine.

Dagli storici locali si apprende, inoltre, che, a fine XIII secolo, era attiva anche la Compagnia di Maria SS Annunziata, probabilmente voluta anch’essa dal sovrano, la cui cappella si trovava sotto il Campanile della chiesa. Sempre a questa data gli storici locali fanno risalire anche la Congrega del Santo Rosario e Gesù, istituita canonicamente nel 1589, con assenso legale nel 1813 ed esistente ancora oggi.

Tutte le opere architettoniche promosse dalla Compagnia dell’Annunziata sull’edificio della chiesa di San Domenico, che all’origine doveva presentarsi come una cappella o modesta aula di culto, sono tuttavia datate a fine XVI secolo. Un primo intervento edilizio sulla struttura viene effettuato nel 1566. Secondo Bartoletti i procuratori dell'Annunziata stipularono un contratto con alcuni mastri fabbricatori per costruire il transetto e la lamia della cappella, nuove colonne, pilastri e piedistalli alle navette laterali.

Informazioni più precise sull’assetto architettonico della chiesa si riferiscono agli inizi del XVII secolo. Nel 1601 il procuratore Liberatore Falcucci, come afferma Bartoletti, stabilì di fare alzare la lamia della navata centrale della chiesa e fare le lamie alle navette laterali, di inferiore altezza rispetto a quella centrale.

Nel 1654 il padre Antonio Coccia promuove importanti interventi sulla facciata della chiesa che viene portata a termine nel 1694, con esiti stilistici tardo rinascimentali.

Nel 1736, il capitano Carlangelo Pinchiori, cittadino illustre, contribuisce a finanziare i lavori per aprire due finestroni, realizzare l’altare maggiore, stuccare le colonne laterali e costruire la lamia sopra il coro.

A fine XVIII secolo il complesso chiesa-convento di San Domenico viene sottoposto a diversi interventi di consolidamento, restauro ed adeguamento funzionale alle esigenze cultuali ed alle necessità didattiche e formative dei novizi dell’Ordine domenicano. Padre Tommaso Bartoletti ci informa che la chiesa al suo tempo (fine XVIII sec.- inizi XIX sec.) “presenta mura stradoppie a mo’ di fortezza”, probabilmente perché consolidate e restaurate.

Agli inizi del XIX secolo, le leggi murattiane che colpiscono inesorabilmente monasteri e conventi, segnano la fine anche dell’esperienza religiosa dei Domenicani.

Il convento di San Domenico viene soppresso ed assegnato al comune di Atessa con Regio Decreto n°221 del 1814. Nello stesso anno la Cura di Santa Giusta viene trasferita dalla chiesa della Madonna dei Raccomandati o della Cintura alla chiesa di San Domenico per interessamento del prevosto mons. Girolamo Spaventa .

Poco più di un secolo dopo, d>urante la visita pastorale del gennaio 1928, l’Arcivescovo Monterisi constata che la parrocchia di Santa Giusta conta appena 100 anime. Decide pertanto di trasferire a Piazzano, che conta 1800 anime e che è di pertinenza della parrocchia di San Leucio, il beneficio di Santa Giusta. >Nel 1934 la nuova parrocchia >assume il titolo di ‘S. Giusta e S. Vincenzo’>.

N>el corso del XIX secolo la chiesa di San Domenico, adibita al culto, viene sottoposta a vari interventi di ristrutturazione, >abbellimento e restauro>.

Anche il> complesso conventuale, diventato di proprietà comunale, è stato più volte rimaneggiato ed ospita attualmente gli uffici municipali. I fondaci, in cui era ubicata >anche >la neviera, sono stati adibiti a magazzini, archivi e >perfino >a> carcere. Dell’antico edificio è, >tuttavia, >ancora leggibile l’impianto complessivo. >Sul luogo dell’antico refettorio è stato ricavato prima un locale per la recitazione e poi un vero teatro, >un progetto intrapreso fin dal 1863, quando furono realizzati i primi lavori, poi sospesi e di nuovo messi in cantiere agli inizi del XX secolo e portati a termine nel 1911.> >U>tilizzat>o>soprattutto come cinema, agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo, il teatro viene sottoposto ad un radicale intervento di restauro, previo consolidamento statico, >e viene> poi> intitolato al grande musicista atessano Antonio Di Iorio.

Anche gli uffici municipali sono stati ristrutturati a fine XX secolo e l’atrio, ricavato dall’antico chiostro del convento, è stato coperto e >viene utilizzato >come sala del consiglio comunale.

Architettura ed Arte

La facciata della chiesa, semplice e sobria nella tessitura di laterizi e pietrame, ma incompleta nelle decorazioni e finiture, si presenta articolata su due livelli, separati da una cornice, e tripartita verticalmente dagli spazi simmetrici occupati da nicchie vuote che affiancano un elegante portale. Nella parte centrale, oltre la trabeazione orizzontale a schema piatto e lineare, la facciata si completa con una terminazione a capanna, priva di elementi architettonici, in cui si apre un’apertura a semicerchio, ovvero una vetrata che funge da presa di luce. Degno di rilievo è il portale in pietra inscritto in una grossa apertura ad arco a tutto sesto ed affiancato da un sistema di colonne binate e scanalate, che poggiano su un basamento lapideo e sorreggono in alto il frontone.

Alla semplicità e linearità dell’esterno fa riscontro la fastosità tardo-barocca dell’interno, ovvero un’apoteosi di decorazioni e dipinti e una sovrabbondanza di stucchi e di statue.

L’impianto è a tre navate, scandite da pilastri cruciformi che sorreggono archi a tutto sesto e che dividono le navate laterali da quella centrale, caratterizzata da una trabeazione aggettante che continua nell’abside.

Un grandioso arco impostato su pilastri divide la navata centrale dalla zona absidale che si presenta con copertura a catino ed affreschi ai quattro angoli. Al centro del presbiterio, rialzato di due scalini e delimitato da una balaustra in marmo, sorge l’altare maggiore in stile tardo-barocco, sormontato da un tabernacolo con colonnine tortili in legno scolpito e intagliato, dipinto e dorato, opera del XVIII secolo. Sulla parete absidale, in posizione centrale, si eleva un elegante dossale, sempre ascrivibile al XVIII secolo, con timpano ondulato e con colonne binate in stucco marmorizzato e dorato che affiancano la nicchia ospitante la Vergine del Rosario con Bambino.

Intorno alla parete absidale, in basso, si snoda un coro ligneo scolpito ed intagliato del XVIII sec.. Nel catino absidale sono presenti affreschi murali del ciclo pittorico dedicato ai quattro evangelisti, Marco, Matteo, Luca e Giovanni, eseguiti nel sec. XIX. Lungo la navata centrale, fra gli archi, compaiono gli affreschi murali del ciclo di dieci episodi della vita di Gesù, realizzati sempre nel XIX secolo.

Sulla volta della navata centrale cinque grandiosi quadri celebravano i misteri gloriosi del Santo Rosario. Danneggiati durante le operazioni della II guerra mondiale o cancellati dai danni subiti per infiltrazioni di acqua ed umidità, sopravvivono solo tre affreschi murali rappresentanti la Pentecoste, l’Assunzione della Madonna e l’Incoronazione della Madonna, eseguiti nel 1853 dall’artista atessano Giacomo Falcucci.

Un bellissimo organo, posto sul ballatoio sovrastante il portone d’ingresso, è realizzato in legno intagliato, dipinto, dorato, affiancato da due figure angeliche in cartapesta modellata e dipinta.

La chiesa è dotata di una piccola torre campanaria ospitante tre campane.

Altari e Statue

Sulle pareti delle due navate laterali si snoda una lunga teoria di altari sormontati da capitelli e stucchi che racchiudono nicchie con statue o quadri raffiguranti santi diversi ed ornati con candelabri ed altri arredi sacri.

Navata destra

Sul primo altare della navata destra, a partire dall’abside, campeggia un grande quadro, olio su tela, rappresentante l’Assunzione della Madonna, ma già interpretato anche come Santa Giusta, fatto eseguire dal rettore Nicola Antonio Genovese.

Segue l’altare delle tre Sante, un grande olio su tela, con le figure di Santa Lucia, Santa Apollonia e Sant’Agata, ascrivibile al sec. XVIII, eseguito a devozione dei fratelli don Giacomo e don Giustino Flocco e restaurato dall’artista atessano Giacomo Falcucci nel 1857.

L’altare di San Biagio è sormontato dalla nicchia contenente una bella statua in cartapesta di San Biagio, modellata e dipinta.

L’ultimo altare della navata destra, in prossimità della porta d’ingresso, è dedicato alla Madonna del Buon Consiglio . Sormonta l’altare un dipinto, solo in parte ben leggibile, su cui è stato apposto un quadro incorniciato raffigurante la Madonna del Buon Consiglio. In basso la legenda riporta “restaurato dalle sorelle Cardone fu Giuseppe nel 1957”.

La Madonna del Buon Consiglio è venerata in Atessa anche nella frazione Pili .

Sulla parete di fondo della navata destra si trova un monumento funerario con lunga iscrizione lapidea, sulla parete vicino l’abside, un’altra lapide correda il monumento funebre della piccola Giacinta Cardona morta a 3 anni nel 1825. La sovrasta, posta su una mensola, la statua di San Pietro Martire, dell’Ordine domenicano, in legno scolpito. In una teca, in legno e vetro, situata tra i primi due altari, è custodita la statua di Santa Lucia in cartapesta modellata e dipinta.

A terra tomba della famiglia Ferri, datata 1859.

Navata sinistra

A partire dall’abside , il primo altare, con colonne binate, tabernacolo ligneo e decorazioni è dedicato alla Madonna del Rosario. Un grande quadro, olio su tela, raffigura la Vergine con Bambino, San Domenico orante, angeli e personaggi. Autore dell’opera è l’artista atessano Giacomo Falcucci che la eseguì nel 1854.

Segue l’altare sormontato dal grande dipinto, olio su tela, della Madonna con San Domenico, opera del 1856 dell’artista atessano Giacomo Falcucci.

L’altare di San Vincenzo Ferrer presenta nella nicchia una bella statua del Santo in terracotta dipinta.

Sull’ultimo altare, prima della porta di ingresso, campeggia il dipinto, olio su tela, raffigurante San Domenico in Adorazione.

Sulla parete di fondo della navata sinistra è collocata su un piedistallo la statua di San Luigi Gonzaga in cartapesta modellata, dipinta e dorata.

Sopra la porta della sacrestia sono collocate una statua di San D omenico di Guzmàn in cartapesta modellata e dipinta, ed una Bolla di indulgenza del 1924.

La navata a sinistra, da febbraio 2020, ospita due opere provenienti dal Convento di Santa Maria degli Angeli di Vallaspra di Atessa per custodirle e tutelarle dopo la chiusura del complesso conventuale gestito dalla comunità religiosa degli Identes:

  • una tavola raffigurante la Madonna col Bambino che faceva parte di una pala danneggiata ed in parte distrutta da un incendio, realizzata a Venezia, come si ricava dal contratto notarile stipulato dai monaci di Vallaspra con artisti veneziani nel 1541 durante le fiere di Lanciano;
  • un grande dipinto rappresentante la Pentecoste, datato 1645, collocato in origine nel monastero celestiniano di Santo Spirito, ubicato sul Colle di San Cristoforo e fondato nel 1341 dal beato Roberto di Salle. Dopo la soppressione del monastero nel 1654 con bolla di papa Innocenzo X, la tela fu prima traslata nella chiesa di San Rocco e poi nel convento di Vallaspra.

Altri beni artistici

Tra gli altri beni artistici custoditi nella chiesa si segnalano:

  • una coppia di dipinti, olio su tela, uno raffigurante San Paolo, eseguito nel 1805, l’altro San Pietro, datato 1826;
  • un dipinto, olio su tela, raffigurante Santa Filomena, opera del 1835 del celebre artista Francesco Maria De Benedictis di Guardiagrele;
  • un dipinto di Santa Lucia, olio su tela;
  • un dipinto di San Domenico, olio su tela;
  • una statua di Cristo morto in cartapesta modellata e dipinta;
  • uno stendardo processionale in cotone dipinto e legno tornito e dorato;
  • statue per presepe, raffiguranti la Madonna, San Giuseppe e Gesù Bambino, oltre che una statua di asinello, tutte in cartapesta modellata e dipinta.

In dotazione della chiesa vi sono poi vari tronetti di esposizione, diversi e preziosi reliquari, ostensori ed oggetti del corredo liturgico, candelieri, paramenti sacri antichi, tra cui pianete o casule, tonacelle, cotte, piviali, ombrellini processionali, manipoli, stole, veli omerali ed altro in seta, raso, broccato. lampasso di liserè.


Testo e ricerca storica a cura di Adele Cicchitti


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